Che cos'è allenamento funzionale?
“L’allenamento funzionale è un’attività multiplanare, multiarticolare, centrata sulla propriocettività, che coinvolge:
- Decelerazioni (riduzioni di forze), accelerazioni (produzioni di forze) e stabilizzazione;
- Una quantità controllata di instabilità;
- Un controllo della gravità, delle forze di inerzia e di reazione dell’appoggio a terra”
(Gambetta V, Gray G, 1995)
Come nasce l’allenamento funzionale?
Le origini
Il sistema uomo è stato progettato per eseguire attività e movimenti quali camminare, sollevare carichi, spingere, tirare, correre e saltare.
Nella sua evoluzione, il cucciolo d’uomo attraversa la fase dei primi movimenti compiuti in posizione supina e prona, vive le sue prime esperienze di equilibrio da seduto, afferra gli oggetti, li lancia lontano da sé, cerca di raggiungere obiettivi più distanti, perciò inizia a gattonare, coordinando braccia e gambe in un movimento locomotorio sempre più abile.
Nella fase successiva, il bambino cerca un appiglio e comincia a tirarsi su, gesto che lo condurrà, dopo numerosi tentativi, alla conquista dell’equilibrio nella posizione ortostatica.
Saltellare sul posto, camminare e poi correre sono le fasi di una evoluzione motoria che purtroppo sembra avere nella storia recente subito fasi di arresto o persino di regressione.
Quali sono i criteri che definiscono un programma di allenamento funzionale?
La teoria funzionale
La cosiddetta functional theory è un sistema di modellizzazione ed osservazione dell’allenamento che nasce da ricerche effettuate in USA e Australia agli inizi degli anni ’90 in campo prevalentemente riabilitativo. Si basa sull’osservazione del movimento reale, cioè di ogni movimento quotidiano ripetuto quasi inconsapevolmente. Da tale osservazione si rileva spesso un’abitudine motoria che non risponde in maniera corretta (non funzionale) alle sollecitazioni esterne, cosa che rende il movimento stesso una potenziale fonte di disfunzionalità corporea.
Spesso le abitudini della vita moderna, seppur con l’intento di migliorare o semplificare la nostra quotidianità vanno in realtà a ridurre quelle risposte attive, posturali e motorie alle quali il nostro sistema si deve adattare. Basti pensare, ad esempio, alle numerose problematiche derivanti dalla sedentarietà o dalle numerose posture scorrette protratte per intere giornate lavorative trascorse davanti ad una scrivania.
Lo scopo dell’allenamento funzionale risulta pertanto quello di ristabilire quei movimenti innati e naturali nello schema motorio della persona.
Diviene facilmente intuibile come allenamento funzionale e riabilitazione possano essere identificabili come la stessa cosa.
Le basi dell’allenamento funzionale
L’allenamento funzionale si basa quindi sull’allenare i movimenti e non i singoli gruppi muscolari. Parte dall’osservazione di movimenti integrati, multiplanari e asimmetrci sia legati all’attività quotidiana che all’attività sportiva.
Le catene muscolari coinvolte e il timing di quel preciso movimento saranno stimolati attraverso esercitazioni che ripropongono parti significative del modello cinematico e dinamico del movimento stesso.
Gli esercizi vengono scelti e creati in base alle esigenze personali del paziente o del cliente.
Il primo obiettivo è quello di ridurre l’incidenza degli infortuni e successivamente quello di migliorare la prestazione.
Approccio joint by joint
Questa teoria, eleborata da Gray Cook, inventore e promotore del Functional Movement Screen (FMS) si basa sulle necessità di mobilità e stabilità delle articolazioni del corpo umano.
Per mobilità si intende il grado di movimento (range of motion, ROM) e la flessibilità di muscoli e tessuti.
Per stabilità si intende il controllo del movimento di un particolare segmento corporeo in presenza di forze o tensioni esterne.
Il corpo va considerato come una serie di articolazioni ognuna delle quali ha delle funzioni, quindi possibilità di disfunzioni, specifiche.
Articolazione |
Bisogno primario |
Caviglia |
Mobilità (sagittale) |
Ginocchio |
Stabilità |
Anca |
Mobilità (multi-planare) |
Colonna lombare |
Stabilità |
Colonna toracica |
Mobilità |
Scapola |
Stabilità |
Gleno-omerale |
Mobilità |
Cook, 2010
Le articolazioni alternano le necessità di mobilità e stabilità.
Partendo dal basso, la caviglia ha bisogno di mobilità (sul piano sagittale) mentre il ginocchio di stabilità.
Salendo verso la parte superiore del corpo, il bisogno principale dell’anca è quello della mobilità mentre la colonna lombare dovrà essere stabile e così via.
È chiaro il concetto di “catena” e di reciproca influenza delle diverse parti del corpo. Le disfunzioni in una articolazione specifica spesso si manifestano come dolore alle articolazioni superiori o inferiori. Se ad esempio un’articolazione non è sufficientemente mobile, il “sistema corpo” andrà a ricercare la mobilità per eseguire il movimento in altri distretti che dovrebbero rimanere stabili, provocando la disfunzione.
Esempi: Mancanza di mobilità della caviglia può provocare dolore al ginocchio.. Mancanza di mobilità delle anche può provocare dolore lombare.. Mancanza di mobilità del tratto toracico può provocare dolore cervicale.
Nella stesura del programma di allenamento bisognerà sempre tenere in considerazione le necessità specifiche di ogni articolazione per assecondare le funzioni e le interazioni con gli altri distretti del corpo.
Quali sono le linee guida per poter identificare una corretta proposta di allenamento funzionale?
Metodologia applicativa
La chiave del successo dell’approccio funzionale è sicuramente la cura della tecnica esecutiva. Il punto di partenza dovrebbe essere sempre l’insegnamento della tecnica e lo sviluppo dei presupposti funzionali utili per eseguire l’esercizio correttamente. L’allenatore dovrà lavorare prima su quei distretti corporei che limitano l’esecuzione dell’esercizio (i presupposti funzionali) e successivamente, quando un esercizio è perfettamente appreso, si potrà incrementare il carico che dovrà poi essere sollevato mantenendo la tecnica esecutiva
Vengono adottati esercizi multiarticolari e multiplanari che sono classificati in base alla porzione del corpo a cui si riferiscono e in base ai gruppi muscolari maggiormente coinvolti.
Conclusioni
L’allenamento funzionale correttamente strutturato consente di ottenere notevoli benefici sul piano del mantenimento o del miglioramento delle condizioni di salute:
- Migliorare la propria condizione fisica generale.
- Miglioramento della prestazione atletica.
- Miglioramento delle capacità cardiovascolari e respiratorie.
- Dimagrimento e tonificazione, efficienza articolare e muscolare.
- Recupero funzionale post-operatorio e post-traumatico.
- Aumento dei livelli di sicurezza e diminuzione del rischio di infortuni, nei movimenti quotidiani così come nelle prestazioni atletiche e sportive.
Risulta dunque importante avvalersi di un trainer competente che possa proporre il giusto percorso allenante nel pieno rispetto della fisiologia, della biomeccanica e delle caratteristiche individuali della persona.
A cura di
CLAUDIO LUPI
(Laurea e specializzazione in
Scienze Motorie Sportive)
PERSONAL TRAINER & RESPONSABILE TECNICO REHAB AREA
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Bibliografia
Andorlini A., Allenare il Movimento. Dall’allenamento funzionale all’allenamento del movimento, Calzetti e Mariucci Editori, 2013.
Baechle T.R., Earle R.W., Manuale di condizionamento fisico e allenamento della forza, Calzetti Mariucci Editori, Perugia, 2010.
Barbieri D., Elementi di base per l’allenamento funzionale. Il gioco del ferro, Calzetti e Mariucci Editori, 2013.
Bellotti P. – Zanon S., Il movimento dell’uomo. Storia di un concetto, Calzetti e Mariucci Editori, 2008.
Boyle M., Avanzamenti nell’allenamento funzionale, S. Ciccarelli Editore, 2012
Cook G., Movement: Functional Movement Systems: Screening, Assessment,
Corrective Strategies, On Target Publications, 2010.